martedì 4 maggio 2010

Riforme? Corsa ai licei e crisi degli istituti tecnici e professionali


Un ulteriore elemento di mutamento e di difficoltà della scuola nel rapportarsi con i giovani e con le famiglie è dato dalle mancate, o meglio parziali, riforme del suo ordinamento, anche se oggi stiamo vivendo le fasi preparatorie alla Riforma Gelmini. Fino all’anno scolastico scorso l’offerta formativa, soprattutto nella secondaria di secondo grado, era meno identificabile che in passato: si pensi, ad esempio, alla corsa ai licei degli ultimi anni e ai mutamenti nell’identità degli stessi licei, come degli istituti tecnici e professionali. In particolare questi ultimi due tipi di scuola spesso sono risultati in affanno dato che è venuto meno il legame con il territorio e gli sbocchi occupazionali che erano in grado di offrire in un passato recente. Si tratta, in tutti i casi, di fenomeni che mostrano l’accresciuta difficoltà della scuola nel comunicare con l’utenza la propria identità e i propri obiettivi, nonostante l’istituzione dei P.O.F. In buona sostanza, sembra aggravarsi il costante problema del ridotto orientamento degli studenti alla scelta dei propri percorsi scolastici; a ciò conseguono, purtroppo, la crescita di alcune forme di dispersione e, soprattutto, l’aggravarsi dei ritardi nelle cosiddette “scuole di seconda scelta”, dove la situazione diviene quindi più difficile.
Tutto ciò si lega inoltre alla capacità delle scuole di essere precoci nell’individuare i soggetti a potenziale rischio di dispersione, in modo tale che non si verifichino per gli studenti spirali negative, che portano dal disagio all’abbandono scolastico. È evidente che gli insegnanti sono, assieme ai genitori, i primi soggetti che possono rilevare l’affacciarsi di disagi potenzialmente rischiosi per la dispersione e che sono quindi chiamati a vigilare su questo. Come si può immaginare, tanto più precoce e individualizzato è l’intervento tanto maggiori sono le possibilità che abbia un esito positivo. Ritengo che difficilmente la scuola possa arrivare ad utilizzare in modo ottimale la flessibilità che gli è concessa con l’autonomia, essendo un’organizzazione fortemente consolidata; quel che non può essere raggiunto nell’individualizzazione è però probabilmente conseguibile nella capacità della scuola di essere tempestiva nell’individuare le situazioni di rischio e di mettersi in rete con le realtà che operano efficacemente con gli studenti in situazioni di disagio scolastico.
Alcuni di questi elementi emergenti del fenomeno dispersione sembrano essere anche peculiari del contesto dell’alto vicentino, realtà in cui presto servizio.
In primo luogo, il vicentino si configura come un’area di benessere economico diffuso, proprio questo aspetto sembra far spostare la bilancia dell’influenza familiare dalla mera disponibilità di risorse economiche all’aspetto del coinvolgimento nei processi di educazione, ma anche di formazione e di iter scolastico dei figli. Si potrebbe parlare della cosiddetta “sindrome da ipermercato” per mettere in luce la mancanza di comunicazione nelle famiglie. Ciò che preme sottolineare è che mutando il ruolo della famiglia nei processi di scelta educativa dei figli, devono anche mutare le modalità di coinvolgimento della stessa nell’orientamento scolastico. Un ulteriore aspetto peculiare legato al benessere diffuso è dato dal fatto che i giovani dispersi vicentini non sembrano andare incontro a lunghi periodi di disoccupazione, ma piuttosto a inserimenti lavorativi in fasce deboli del mercato del lavoro.
Un ulteriore elemento è legato al passaggio da un’economia fortemente industriale a una dei servizi, con i conseguenti spiazzamenti nell’identità e nel ruolo degli istituti tecnici e professionali, che faticano maggiormente a dialogare con il mondo del lavoro rispetto al passato.
Un altro elemento peculiare dell’alto vicentino è l’espansione dei fenomeni immigratori e con essi dei relativi mutamenti nel profilo della dispersione.

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